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Latte e pannolini, “incubo” dei genitori. Ora interviene l’Antitrust

Altro che bamboccioni e’ da qualche tempo che si discute sul fatto che i giovani italiani tardano a “diventare grandi”: rispetto ai loro coetanei europei i ragazzi del Belpaese lasciano il tetto materno e paterno con qualche anno di differenza. Ma nessuno (o quasi) parla dei costi proibitivi della famiglia.

Questo è il dato di fatto. Le cause sono note. La difficoltà di trovare un posto di lavoro (secondo gli ultimi dati disponibili, il tasso di disoccupazione giovanile italiano è secondo solo a quello spagnolo) e la conseguente impossibilità di accedere ad un mutuo per acquistare un’abitazione. Non parliamo poi di metter su famiglia: secondo Federconsumatori un lieto evento come la nascita di un figlio può trasformarsi in un incubo che ci costa 13.500 euro all’anno.

Chi può permetterselo?

Di questi tempi, ma anche in altri, si tratta di costi proibitivi sui quali è finita l’attenzione dell’Antitrust. Secondo quanto riportato nei giorni scorsi da Il Corriere della Sera, infatti, il ministro per la cooperazione internazionale con delega alla Famiglia, Andrea Riccardi, ha inviato un esposto al presidente dell’ Antitrust segnalando un fenomeno ricorrente, il caro-bebè: “Il comparto dei prodotti per la prima infanzia risulta caratterizzato da alcune specificità che incidono sulla formazione dei prezzi e sulla struttura della catena distributiva”, denuncia il ministro.

La conseguenza è che “il consumatore si trova obbligato ad acquistare il prodotto di una particolare marca su indicazione del pediatra. Tra l’ altro la sostituibilità con prodotti equivalenti, alternativi è piuttosto limitata”.

I principali canali di vendita secondo Riccardi sono farmacia e parafarmacia “dove i prezzi sono in media più elevati”, fino ad arrivare a rincari che, per prodotti analoghi paragonati con altri paesi europei, lievitano del 40 per cento. In supermercati e ipermercati l’ offerta è più conveniente. Conclusione: “Un grave danno per le famiglie costrette a sostenere un impegno economico esagerato”.

Non è la prima volta  che l’Antitrust si occupa della questione, tra l’altro sollevata in più occasione anche dalle stime elaborate dalle Associazioni dei Consumatori: nel 2004 una quindicina di aziende di latte artificiale vennero multate perché i loro listini risultarono esageratamente cari. Da allora i prezzi si sono abbassati ma comunque risultano più alti rispetto alla media europea.

Il mercato dei neonati tra Italia e Ucraina

Un vero e proprio mercato dei neonati che si è sviluppato in Ucraina, con un acquirente tipo: le coppie italiane. Che così aggirano le regole della legge 40 sulla fecondazione assistita, ben dimostrando l’assurdità di norme scritte sotto dettatura della Chiesa. Ne parla il Corriere della Sera:

In una clinica di Kiev nei primi cinque mesi del 2011 hanno partorito trenta donne italiane: sono arrivate in Ucraina solo qualche giorno prima del lieto evento e sono tornate a casa, quasi tutte, con un paio di gemelli. Ma non tutte le donne entrate in clinica erano incinta, i loro bambini sono stati partoriti da mamme in affitto: l’esito gemellare del parto è conseguenza della procreazione assistita.

A scoprire i trenta parti insoliti è stata la Procura di Brescia, che ha indagato per alterazione di stato una coppia del lago d’Iseo.

Gli inquirenti avrebbero anche individuato due referenti di una vera e propria organizzazione in azione tra Foggia e Milano. La Procura di Brescia si è limitata a indagare sulla coppia bresciana, gli altri casi sono stati segnalati alle Procure competenti.

Le indagini sono iniziate lo scorso maggio quando l’ambasciata italiana in Ucraina ha contattato l’ufficio anagrafico del piccolo paese sul lago: servivano alcuni documenti per una coppia che aveva partorito a Kiev. Marito e moglie erano arrivati in Ucraina e il giorno successivo la donna aveva avuto due gemelli.