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Pediatri: Italia senza nipoti, si dimezza la natalità

A raccontare la situazione è la Società Italiana di Pediatria nel Libro Bianco sulla Salute dei Bambini.

Secondo il rapporto i nonni italiani rischiano di restare senza nipoti, infatti la natalità dal 1871 al 2009 si è praticamente dimezzata e attualmente nascono 9,5 bambini ogni 1000 abitanti.

Per dare la misura della preoccupazione, ad esempio, in Francia il rapporto è di 12,8, in Spagna è di 10,8, in Inghilterra di 12,8 e in Svezia di 12. Parliamo sempre di nascite ogni 1000 abitanti.

Poi c’è la disomogeneità dei servizi assistenziali per cui, come spiega Walter Ricciardi, direttore dell’Istituto di Igiene della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica di Roma, “le opportunità di salute non sono le stesse per tutti i bambini italiani”.

In altre parole il bambino del Sud non è come quello del Nord.

Anche per quanto riguarda l’esistenza ospedaliera pediatrica, Ricciardi spiega che l’importante è evitare le “ospedalizzazioni inutili” attraverso una “programmazione degli interventi assistenziali e la creazione di un filtro che parta dal pediatra, per indirizzare al meglio il bambino verso il percorso assistenziale che più risponde ai suoi bisogni”.

Anche se per il momento i bambini italiani hanno a disposizione una fitta rete di pediatri territoriali il rischio è che già a partire dal 2015 gli specialisti possano diminuire in modo importante per il mancato turn-over. Molti andranno infatti in pensione mentre le scuole di specializzazione sono tuttora a numero chiuso.

Mamme italiane consapevoli quando il figlio è malato

E’ buona la consapevolezza delle mamme italiane dei rischi legati all’influenza dei bambini: quasi la metà delle intervistate (46,5%) dichiara, infatti, che l’influenza è una patologia altamente trasmissibile e più del 60% identifica correttamente nei bambini di età inferiore ai 4 anni la fascia più colpita, mentre il 63% riconosce che, nelle forme più gravi, l’influenza può portare anche al ricovero ospedaliero.

È quanto emerge da un’indagine online promossa dalla Società Italiana di Pediatria (SIP) alla fine della scorsa stagione influenzale (marzo-aprile 2011), con l’intento di sondare l’opinione delle mamme italiane con figli di età inferiore ai 14 anni sulla percezione dei rischi associati all’influenza per la salute dei propri bambini e sull’opportunità di ricorrere al vaccino antinfluenzale per proteggerli da questi rischi.

L’indagine, attualmente in pubblicazione sulla rivista scientifica Vaccine, ha raccolto un totale di 1515 risposte.
Dallo studio emerge che le mamme confermano l’impatto dell’influenza sulla salute del bambino, ma anche sulla famiglia. Nel 63% dei casi definiti come “influenza” dal campione intervistato, infatti, almeno uno dei due genitori si è dovuto assentare dal lavoro, per prendersi cura del figlio. Inoltre, quasi 9 bambini su 10 hanno assunto un trattamento farmacologico, mentre in 2 casi su 100 è stato necessario il ricovero ospedaliero.

Nonostante la copertura vaccinale per l’influenza in età pediatrica sia bassa, la percentuale di mamme che si dichiara favorevole alla somministrazione della vaccinazione per il proprio figlio, se consigliata in questo senso dal pediatra, è del 54%. “Il pediatra rappresenta la figura di riferimento per le famiglie in fatto di decisioni riguardo le vaccinazioni” spiega Alberto E. Tozzi, responsabile scientifico per la comunicazione della Società Italiana di Pediatria. “Promuovere formule partecipative, per esempio attraverso un’indagine come questa, nei percorsi di informazione e cura della propria salute, aiuta a stimolare i cittadini ad assumere un ruolo consapevole, responsabile e proattivo rispetto alle proprie scelte”.

In linea con quanto emerge anche da un recente report curato dal Centro Europeo per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie (European Centre for Disease Prevention and Control, ECDC), le strategie di informazione all’opinione pubblica su temi di salute e, più nello specifico, su situazioni di rischio per la salute, come nel caso delle sindromi influenzali, dovrebbero essere sviluppate con un approccio partecipativo. Anziché limitarsi a costruire una comunicazione a senso unico, dove gli esperti informano la popolazione, basandosi unicamente su una oggettivazione scientifica del rischio, si possono ottenere migliori risultati se invece si costruiscono una visione e una consapevolezza del rischio e delle strategie per contrastarlo con i destinatari stessi della comunicazione.